Federico II e l'augustale d'oro


La moneta d'oro riappare tramite l'Augustale di Federico II


Ci provò per primo in Sicilia l'Imperatore Federico II, lo "Stupor Mundi" ma l'avventura finì male quasi subito.

Nel 1231 a Palermo coniò l'Augustale di ben 6 grammi di oro quasi puro dal conio di marcata derivazione classica, peso 5,28 grammi e lega di 20,5 carati (Cipolla pp 116-117).
Era in sostanza un multiplo del tarì, ne valeva 4!

L’augustale era una moneta d’oro del peso di 5,25 g. e dal titolo di 20,5 carati (85,5%
di oro pari a 4,48 g.) fatta coniare da Federico II nelle zecche di Brindisi e Messina dal
dicembre del 1231. Sul dritto presenta il busto laureato di Federico e la leggenda IMP
ROM CESAR AVG, sul rovescio l’aquila romana e la leggenda FREDERICVS.
L’augustale era stato coniato come una moneta nel pieno senso economico
del termine,

Per comprendere la monetazione di Federico II bisognerebbe ripercorrere passo
passo lo sviluppo della storia monetaria siciliana a partire dalla dominazione romana.
Alcuni punti focali devono essere ricordati. In particolare la ricostruzione della nascita del tarì
serve per porre maggiormente in risalto le vicissitudini economiche prima del regno di
Federico II e poi delle speculazioni dei suoi avversari.



L’evoluzione della moneta di conto rifletté quello della moneta effettiva. Prima
della conquista normanna le grosse somme si computavano a soldi ciascuno dei quali
costituito da 4 tarì di una determinata emissione. L’equivalenza teorica 4 tarì = 1 soldo,
besante o dinar si conservò nei documenti.

Le monete d’oro del regno di Federico furono i tarì e gli augustali, quelle di lega
d’argento i denari e alcune piccole monete in arabo per la Sicilia, le kharrube.
Dal 1221 al 1231 soltanto nella zecca di Messina si coniò l’oro ed in particolare il tarì con
l’aquila imperiale.

Nel 1229, al ritorno dalla crociata, Federico fece ampliare i
locali della zecca di Brindisi per allestirvi la «nuova officina per l’oro». Per far ciò l’imperatore
tolse all’Ordine Teutonico i locali della zecca che erano stati ceduti loro nel 1215,
e fece cominciare i lavori di costruzione della nuova zecca per l’oro. Nel 1231 i lavori si
conclusero e si diede inizio alla produzione degli augustali e dei tarì.10 Credo sia molto
difficile sostenere che gli augustali siano stati creati ed utilizzati solo come medaglia o
per rappresentanza quando si valuti il fatto che un imperatore quale Federico II, tornato
dalla crociata, progettasse e mettesse in esecuzione l’ampliamento di una zecca sul continente,
che fino a quel momento non aveva battuto oro, per coniare i futuri augustali
due anni prima della loro comparsa. Non si progetta l’ampliamento di una zecca solo
per la coniazione marginale di una moneta di rappresentanza:

L’apertura di una nuova zecca per l’oro sul continente rappresenta anche una modifica
nella politica economica di Federico. Fin dal 1222 la produzione dell’oro fu accentrata,
con la chiusura della zecca di Palermo, nella sola Messina che divenne il luogo
di raccolta di tutto l’oro del Regno. L’apertura della coniazione dell’oro a Brindisi era
funzionale alle necessità imperiali da una parte delle spese militari, e dall’altra della raccolta
dell’oro del Regno.
Nel 1231 Federico II creò l’augustale e contemporaneamente iniziò a far battere nuovi tarì a Brindisi e a Messina. Il valore monetale dell’augustale si evince anche dei cronisti. Giovanni Villani Conquistata Faenza l’imperatore cambiò, a chiunque le possedesse, queste stampe con un augustale che valeva un fiorino e un quarto.
Nel descrivere la moneta Villani aggiunse come questa ebbe grande corso alla sua
epoca e più oltre. Anche in questa espressione si vede come ci sia un rapporto di cambio
tra augustale e fiorino che indubbiamente fu ragguagliato successivamente, l’assedio è
del 1240 e il fiorino del 1252. Ciò significa che ancora negli anni del fiorino l’augustale
circolava ed era accettato e cambiato, anche perché il suo valore era, considerando solamente
l’oro presente in esso, ben superiore ad un fiorino e un quarto.

Nella propria vita l’augustale ebbe scrupolosamente mantenuto il titolo. Questo
fu di capitale importanza perché la moneta conteneva la stessa quantità d’oro del soldo
costantiniano, del buon bisante, del dinar e venne coniata proprio nel periodo in cui
non si battevano più i bisanti e l’unica moneta d’oro a circolare era il dinar. E’ quindi
possibile che sia stata messa in riferimento con la moneta africana, ma è anche possibile
che l’imperatore abbia ravvisato nella moneta bizantina del secolo precedente il miglior
biglietto da visita per un nuovo grande impero.

Ma tuttavia la moneta non riuscì ad uscire dall'orbita arabo-bizantina, perchè non aveva
alle spalle una città votata al commercio internazionale; era quindi destinata a vita breve
e sparirà nel giro di pochi decenni.
La scomparsa dell’augustale fu generata dalla manovra economica operata dai toscani
col rapporto di cambio del fiorino. Quest’ultimo divenne la moneta mala dell’augustale
e per la legge di Gresham scomparve dal mercato; è per questo stesso motivo che
non si trova con grande facilità in epoche successive.

Ovvero il cambio col fiorino era svantaggioso in peso di 1 tarì ( 17%) ed in valore
di 2,5 tarì (33%) e decretò la scomparsa dell’augustale. In sostanza la moneta toscana
divenne, grazie allo sfavorevole rapporto di cambio, la moneta cattiva che scaccia quella buona (l’augustale) la fece scomparire dal mercato in quanto tesaurizzata.

Attraverso il filtro della legge di Gresham la creazione del fiorino appare con maggior
forza come una speculazione politica al fine di portare alla scomparsa dell’augustale
e con questo mettere alla mala parte le finanze imperiali. Tutto ciò assume maggior
rilievo se si guarda cosa è successo al cambio con il denaro negli anni successivi alla
creazione del moneta fiorentina.

Si trattava però ancora di monete marginali dipendenti dall'oro africano e dai contatti con il
mondo arabo-bizantino

Ma il primo passo era fatto, vi era stato in Italia un ritorno alla coniazione aurea!!


CONTINUA .....