La moneta nel Medioevo


Esaminiamo qui di seguito il periodo medioevale, anche se l'anno 476 (e dintorni) considerato dagli storici come inizio del Medioevo (deposizione di Romolo Augustolo)
non corrisponde a nessun passaggio significativo in numismatica.



Per la storia delle monete era stata molto più importante la riforma di Costantino, la quale
gettò le basi per la monetazione bizantina, e in Occidente non vi sarà altro di significativo
sino alla riforma carolingia.

Ai tempi medioevali la tecnica per la preparazione dei tondelli cambia diametralmente
pur restando sempre poco precisa, ed ebbe vigore il mestiere di battiloro, il riduttore dei
masselli d'oro in lastra a colpi di martello.

Il tardo Impero Romano

Economia naturale ed economia monetaria

Economia feudale espressa in natura: non c'era bisogno di monete di alto valore o eccessivamente raffinate perchè richieste dalle minoranze che vivevano del commercio
estero. Non costituivano un grande agente monetario commerciale ma rispondevano
alle necessità dell'epoca, motivo per cui erano piccole e di poco peso.

Dopo gli anni della caduta dell'Impero Romano occidentale, l'oro scomparve dall'Occidente ma
continuava ad essere coniato nei Solidi bizantini, nei Tarì arabi e nelle loro zone d'influenza.
La monetazione diventa dal lato artistico "scadente" nelle figure e anche nelle legende.

Le monete Bizantine

Le monete Arabe

In Europa Occidentale siamo nella fase barbarica del Medioevo, dove le fonti sono
scarse e le monete anche! Sono inoltre accomunate da tondelli sottili, basso peso e
scarso valore intrinseco rispetto alle epoche precedenti, caratteristiche che continueranno
nei secoli successivi sino al secolo XIII.

I barbari (Goti, Franchi, Vandali, Eruli, Angli... ), i quali invasero l'Impero Romano
occidentale nel V secolo, non avevano monete proprie, perciò o rilevarono quelle che
trovarono o le ignorarono del tutto. Come accadde in Inghilterra per circa 200 anni!
In pratica le monete erano sempre imitazioni rozze di quelle romane e decadono sempre
più nell'oscurità dei "secoli bui" dove nessuna arte più esiste e l'abuso di croci nel centro
delle iscrizioni è addirittura comune.

Le monete barbariche

La librae romana continua ad essere usata ma si ha la trasformazione fonetica e scritturale
di libra in livre (donde: in Francia Livre Tournois, Livre Parisis, Livre Colonial; in Olanda:
Livre de Gros; in Germania: Livre di Schilling, Livre di Groschen). Altra trasformazione è
stata quella di libra in pound (donde: in Inghilterra pound sterling = lira sterlina).

Non è sempre esattamente noto quando queste trasformazioni siano avvenute e
nemmeno quando in alcuni paesi si sia verificata la scissione tra il significato
di unità ponderale di base e quello di piede monetario. Ma anche in questo periodo
oscuro la "librae" è ancora un peso e nel contempo piede monetario da cui ritagliare
un certo numero di monete effettive, come sempre era accaduto fin dai tempi
della Roma di Servio Tullio.

Le monete merovinge

Dopo gli anni della caduta dell'Impero Romano e degli stati barbarici, e la confusione
monetaria derivante, ci fu l'intermezzo dei re Carolingi. La moneta acquistò nell'Europa
Occidentale una nuova forma sotto il regno franco di Pipino e di Carlo Magno, il quale
nel 780 sospese definitivamente la monetazione aurea, limitandosi a quella argentea.
Per circa cinque secoli in Occidente non si coniarono più monete d'oro.

Sulla questione carenza di oro in Occidente sono però necessarie delle precisazioni.

Tutti i testi storici scolastici o i brevi compendi economici e numismatici descrivono la mancanza
dell'oro come il motivo principale della scelta carolingia per il monometallismo argenteo.

Tuttavia i testi più approfonditi non lo citano come assente, anzi non è per niente certo che
l'oro fosse carente, seppure non fosse usato per battere moneta. La prova più evidente
a sostegno di questa tesi è la conquista dei franchi dell'enorme tesoro degli Avari, di cui
una parte era certamente composta dell'oro ricevuto in passato dai popoli barbari come
tributo dagli Imperatori romani. Quindi Carlo Magno aveva sicuramente alte riserve di oro!

La nostra guida principale per questo oscuro periodo è Carlo M. Cipolla, il quale nei suoi
numerosi testi affronta direttamente e principalmente gli aspetti di coniazione, circolazione
e svalutazione delle monete, spiega ottimamente i motivi alla base delle scelte dei Re o
Principi, e si dedica a riportare i pochi dati a nostra disposizione.*

La moneta Carolingia

Da qui infine, la lira è stata anche moneta di conto ma non moneta effettiva sotto forma
di disco metallico liberamente circolante. Almeno sino al 1472.

Alla fine del VIII secolo la coniazione di denari si era affermata in tutta l'Europa occidentale,
dal Tevere al Tamigi, mentre in Roma stessa il Papa e l'Imperatore emettevano denari congiuntamente con il nome dell'imperatore su un lato e il monogramma del papa sull'altro.

Le monete di Carlo Magno e dei suoi successori erano create con cura ma i tipi normali erano piuttosto scialbi: una croce, il monogramma imperiale, una basilica romana, oppure il nome
della zecca in caratteri nitidi sul fondo; raramente era inciso il ritratto dell'imperatore.
Il maggiore interesse di questi soggetti sta nel loro continuo uso durante molti secoli
e nella loro trasformazione dopo che si scordò il loro significato originale.

Per il collezionista questo è un periodo difficile da seguire e non molto entusiasmante:
le monetine sono tutte piccole e molte bruttine, si trovano spesso in basse conservazioni,
non offrono spunti artistici, sono molto simili tra loro al punto che solo un segno o una
lettera ne contraddistinguono l'autorità di emissione; le poche commemorative sono
rarissime e quindi costosissime.

D'altro canto hanno il vantaggio di costare poco e di mostrare un periodo quasi sconosciuto
della storia economica, oltre a rappresentare un vero simbolo dell'economia. I denari erano
coniati per essere spesi, circolavano realmente e molto e non erano usati per tesaurizzazione, propaganda oppure per ostentazione ma simboleggiavano il vero fine della moneta:
l'acquisto dei beni di prima necessità!

"Vi sono monete, specialmente ora, brutte, bruttissime, appena coniate quindi con pochi
segni che ad interpretarli diventano un vero rompicapo. Ma anche in quei tondelli brutti, sottilissimi, di argento alterato o di rame, vi è sempre un motto, una parola da portare
nel campo degli studi storici." (M. Piccione, 1914)

Dal IX fino al XIII secolo sarà la legenda e non più la figura della divinità o dell'imperatore a distinguere la monetazione delle varie città o signorie. Talvolta nelle officine monetarie, sorte
su concessione imperiale o abusivamente in un alito di libertà comunale, il monogramma del sovrano fu sostituito con la lettera simboleggiante la città: la sigla VCS attorno al globetto
per Ancona, quella VPS di Ravenna, la lettera S per Siena ...


La moneta inglese

E' oramai fuori di dubbio per molti storici che la ripresa dei commerci, e di conseguenza
l'uso delle monete per supportarli, non avvenne linearmente dal basso medioevo sino
al XIII secolo, ma ci furono periodi intermedi di recessione. Il peggiore avvenne dopo
l'anno 850 a causa della comparsa della pirateria vichinga a nord, della pirateria
saracena nel mediterraneo e con la comparsa degli Ungari nell'Est Europa.
A quel tempo persino città commerciali come Anversa nelle terre dei Frisoni o
Brema erano oramai piccoli porto praticamente chiusi al commercio.

Però nell'Europa cristiana prima del X secolo furono emesse monete solo a Ovest del Reno
e in Italia. L'imperatore tedesco Ottone I (963 - 973) incoraggiò l'apertura di nuove zecche
nella porzione orientale del suo vasto impero, dopo il 960 si cominciò a coniare in Boemia,
e in Scandinavia (la prima fu Hadeby in Danimarca durante la vita di Ottone) e nella
Russia di Kiev (allora occupata da parecchi scandinavi).

Le monete vichinghe

Anche i vichinghi usavano monete e una delle loro contribuì a risolvere una enigma storico.

Il Penny del Maine

 

Anche nella parte dell'Alto Medioevo, quella denaro, e nella parte di ripresa dei commerci e all'esplosione della monetazione, quella che portò all'uscita del Medioevo, Cipolla resta la
nostra guida, un novello Virgilio che sa destreggiarsi in tutti gli aspetti economici e monetari
con la sua consueta chiarezza espositiva e la bravura nell'arrivare al nocciolo dei problemi.
Si unisce a lui anche Jacques Le Goff, con un suo saggio comprendente anche aspetti
collaterali alla numismatica (la visione della Chiesa, l'usura, la nascita di banche e
cambiavalute...), integrando perfettamente le realtà solo citate da Cipolla, soprattutto
la Francia e aggiugendo molti altri dati dedotti dagli scritti e dai poemi che dopo il Mille
iniziarono a essere più frequenti.
Ovviamente ci sono temi divergenti: Cipolla parla solo di libbra/lira e quasi mai di marco
mentre Le Goff cita sempre il marco e solo in una nota la Lira (Livre).*

La svalutazione, anche artistica e iconografica, del denaro carolingio

Dalla scarsità di denaro al disordine monetario. Era giunta la fine per il denario carolingio,
solido e di buon peso, che era coniato nel Sacro Romano Impero come pfennig e nei
regni sassoni d'Inghilterra come penny: una fine ingloriosa che lo vide ridotto ad una
monetina spicciola di minimo valore, con un peso argenteo ridotto a meno di un terzo.

Quadro storico - economico dal tardo Impero al Medioevo

Nei regni tedeschi, verso il Mille nasce una nuova unità di peso, il marco, equivalente
a due terzi della libbra romana (o della libbra tower in uso a Londra) e quindi a più di
metà della libbra di Carlo Magno. Diviene subito piede monetario in Francia e in diversi
paesi anglosassoni e difatti non si ha nel linguaggio monetario inglese un termine più
comune di esso. Ma non fu mai una moneta sino al 1871!

Il più usato fu il marco di Colonia, dal X al XII secolo aveva peso di 215
grammi circa, passato in epoca più tarda ai famosi 233,8 grammi circa.

Dal 1100 la quantità delle monete coniate aumentò in maniera enorme, a dimostrazione
del loro rinnovato uso in tutti i settori dell'economia, soprattutto nelle città.

In questo periodo la Francia adottò una politica monetaria intermedia tra centralizzazione
e libertà di battere moneta ai principi, baroni o vescovi. Invece l'Inghilterra concentrò
il più possibile il potere nelle mani del sovrano e dei suoi officiali, i quali sorvegliavano le
produzioni in tutte le officine monetarie esterne. Italia e Germania invece, data la loro frammentazione territoriale e politica, si ritrovarono ovviamente una frammentazione
monetaria enorme con centinaia di officine monetarie e di città o regni che si arrogavano
il diritto di battere monete, Chiesa compresa, trovandosi quindi all'estremo opposto
della situazione inglese.

Le monete francesi

Le monete tedesche


Si deve però SEMPRE ricordare che affianco alle nuove monete con tirature sempre più alte, circolavano anche i lingotti di metallo prezioso, con una punzonatura per certificarne la lega;
ve ne erano di tre tipi in Occidente, un altro in Oriente e altri due nella zona russa.
Erano ovviamente utilizzati per grossi acquisti, grosse transazioni o per pagare i riscatti.

In molti testi e lettere troviamo riferimenti a somme espresse in marki, i quali
potevano contarsi in denari o in monete straniere o lingotti o addirittura oggetti
ma la parola "marko" sempre significherebbe un dato peso.


L'uscita dal Medioevo in campo monetario si ebbe dapprima in Italia, con monetazioni
che diventarono degli standard in tutta Europa e nei commerci con l'Oriente.

La ripresa dei commerci dopo l'anno Mille e le nuove monete

Comunque nemmeno il nuovo denaro risultava alla fine adeguato: era pur sempre
troppo piccolo per pagare il valore delle merci preziosissime che le repubbliche marinare
importavano dal Medio Oriente per poi riesportarle in tutta Europa. Serviva una moneta
più forte e grossa ed infatti nacque una moneta d'argento il cui nome diceva già tutto:
il "Grosso".

Il Grosso d'argento, il superamento del denaro

Genova e Venezia tra il 1194 e il 1202 abbandonarono il denaro e procedettero a coniare
una bella moneta di argento quasi puro il Grosso appunto. Quello genovese dal peso
di un grammo e mezzo, quello veneziano da oltre 2 grammi e in quantità superiori.
La città veneta potè permettersi una moneta più massiccia quella della città rivale grazie
all'argento portato in laguna dai cavalieri franchi in attesa di partire per la IV Crociata
(quella della conquista di Costantinopoli).

Poi dal dicembre 1231, avvene il ritorno dell'oro coniato,
l'Augustale istituito da Federico II nel sud Italia!

L'Augustale d'oro

Non ebbe molto successo ma servì da esempio: appena vent'anni più tardi esigenza anche
in italia di una moneta aurea che fosse universalmente accettata e da base scambi
meglio dell'argento. Secondo R.S. Lopez rimane ancora da spiegare come mai non si
pensò prima a riprendere la coniazione dell'oro e forse l'ostacolo principale era quello che la
moneta aurea non fosse più nelle abitudini.

Inoltre all'inizio del XIII secolo si mise male la situazione per l'Iperpero o Bizante di
Costantinopoli e per il Dinar arabo; il primo decadde dopo la IV Crociata e l'instaurazione dell'Impero latino a Costantinopoli mentre il secondo peggiorò dopo la Reconquista
cristiana della penisola iberica, arrivata nel 1236 ad oltre la metà della penisola.

Quindi in Occidente il XIII secolo è quello dello scambio decisivo. Firenza, Genova, Venezia,
ed in seguito i sovrani spagnoli, francesi, tedeschi, inglesi dovevano coniare, per rispondere
a questa necessità, dapprima monete d'argento di valore elevato, i grossi, poi monete d'oro:
genovino, fiorino, ducato, scudo
di San Luigi ...

Nel 1252 Genova fu la prima città a emettere una moneta d'oro, pochi mesi prima di
Firenze: il Genovino, dal peso di circa 3 grammi e mezzo di oro quasi puro.

Le monete di Genova

Sempre nel 1252 Firenze coniò i primi fiorini d'oro, i quali ebbero subito un enorme
successo e furono imitati in tutta Europa
come simbolo di valore e di ricchezza. Nel nord
erano denominati gulden.

Le monete di Firenze

Il famoso ducato d’oro, fu coniato per la prima volta dal doge Giovanni Dandolo nel 1284.

Le monete di Venezia

La moneta d'oro si diffonde in tutta Eurora, anche se lo scudo francesce non ebbe il successo sperato mentre il penny d'oro inglese era troppo di valore per la sottosviluppata economia
dell'isola e non circolò praticamente mai; ci vollero ancora 100 anni per il suo successore. Dopo
il 1300 coniarono fiorini d'oro anche i Paesi Bassi, l'Ungheria, la Boemia, l'Austria e alcuni stati tedeschi. Dal 1340 si aggiunse il più grande emporio del Nord e della Lega Anseatica, Lubecca. All'estrema frontiera del mondo cattolico, la Polonia invece tenterà l'esperienza solo nel 1528.

Nel 1498 il portoghese Vasco da Gama, primo europeo ad arrivare in India dopo aver circumnavigato l'Africa,
trovò ducati e genovini a Calicut, sulla costa occidentale indiana!!

Il Medioevo, dal punto di vista monetario si può dire finisca qui, e se dovessimo
scegliere un anno simbolo, sarebbe certamente il 1252.


Per tutta l'età dei Comuni anche in Italia queste ultime subirono una svalutazione
progressiva, senza sbalzi improvvisi, svalutazione non certo fermata dai mercanti, che
d'altro lato non la forzarono, perché ne avevano un utile. Lo dice ingenuamente e con
chiarezza il Villani riferendo un provvedimento dell'agosto 1348, a un anno di distanza
dal fallimento della compagnia dei Bardi preceduto da poco da quello della società dei
Peruzzi; e per di più in un momento in cui, verificatosi sul mercato dei metalli preziosi
un mutamento nel rapporto fra oro e argento a favore dell'argento, di quest’ultimo si
faceva incetta:

«Essendo montato l'argento della lega di once 11 e mezzo di fine per libra
in lire 12 e soldi 15 a fiorino, perocché i mercanti per guadagnare il ricoglievano e
portavanlo oltremare ove era molto richiesto… onde i lanaiuoli, a cui tornava a interesso
perché pagavano i loro ovraggi a piccoli e vendeano i loro panni a fiorini, essendo possenti
in Comune, feciono ordinare al detto Comune che si dovesse fare nuova moneta d'argento
e nuovi quattrini, peggiorando l'una e l'altra moneta per lo modo che diremo appresso,
acciocché il fiorino d'oro montasse…».

Il rapporto oro - argento nel Medioevo

Il secolo del ritorno all'oro sarà un elemento decisivo nella trasformazione dell'Occidente medioevale introducendosi nelle campagne, modificando la rendita rurale in
proponderanza di economia monetaria su economia naturale.

L'ordine monetario si basa su due fattori: bimetallismo e doppia circolazione

La moneta d'oro è coccolata e protetta come simbolo del prestigio dello stato.

Le monete delle città italiane

Durante il XIII secolo inizia anche una evoluzione estetica con i primi miglioramenti stilistici.
In alcune città, prime le toscane, al centro della moneta delle figure quali la Madonna o il
santo protettore, a svantaggio delle scritte circolari respinte verso il bordo.

Questa moneta coniata per la prima volta nel 1300, testimonia per la prima volta l'espansione economica europea
verso Oriente. Il groschen di Praga divenne la moneta d'argento maggiormente diffusa nel centro Europa.

 

Nei secoli seguenti ci furono i primi pensatori che scrissero sulla moneta, sulla circolazione monetaria e sui metodi per tenerla stabile ed evitare le svalutazioni, causate spesso dallo Stato.

Un fondamentale precursore è:

Nicola d'Oresme

Anche il suo trattato testimonia che il Medioevo numismatico era terminato
e si era già proiettati nel Rinascimento!

 

* I testi di Cipolla quelli di Le Goff
Una quasi perfetta sintesi dei due autori è riportata in un libro di Alessandro Manzo Magno.

Tutti i testi da noi consultati e citati sono riportati nella sezione dedicata alle recensioni