Le monete del tardo Impero Romano


Col termine "Tardo Impero" si designano i secoli calanti dell'Impero Romano, a indicare il caos del governo, onerato da spese di ogni genere, il declino dell'arte, le prime invasioni barbariche e per il nostro caso il deprezzamento e lo svilimento della moneta.


Solitamente lo si riferisce al periodo successivo a Costantino ma per alcuni studiosi il termine si può riferire addirittura già agli anni dopo Marco Aurelio.

La prima è un pezzo chiamato antoninianus introdotto nel 214, si riteneva valesse due denari ed era fuso in buono argento; esso riveste uno speciale interesse perchè la sua produzione rispecchia i problemi del III secolo. Travagliato da guerre e da spese sempre più alte, il governo presto lo svaluta: intorno al 270 fu coniato in rame con un sottile rivestimento d'argento.

Gli antoniniani furono coniati sino al 300 circa, sono abbastanza facili da datare e caratteristici per la particolare corona a raggi portata dall'Imperatore ritratto. Alcuni pezzi portano anche dei segni di identificazione del luogo della coniazione, uso che poi sarà sviluppato in tutto il IV secolo. Questa moneta rispecchia anche altro: letteralmente dozzine di imperatori sono raffigurati sulle monete di questa serie, per lo più tra il 240 e il 290, la maggior parte di essi morti di morte violenta.

LA RIFORMA DI DIOCLEZIANO (295 d.C.)

Con tale riforma Diocleziano intraprese una notevole serie di cambiamenti nel sistema monetario. Furono coniate nuove tipologie di monete variandone il contenuto dei metalli e il rapporto di cambio tra loro. Il denario e l'antoniniano diventano le monete di base in bronzo.

Le caratteristiche delle nuove monete presentano questi nuovi valori:

  • denario (moneta base) 1/168 di libra di bronzo (1,64 gr.);
  • antoniniano (= 2 denari) 1/84 di libra di bronzo (3,89 gr.);
  • mezzo follis (= 2 antoniniani, 4 denari) 1/42 di libra 5% argento - 95% bronzo (7,79 gr.);
  • follis (= 4 antoniniani, 8 denari) 1/21 di libra 5% argento - 95% bronzo (15,58 gr.);
  • argenteo (= 3,125 follis, 6,25 mezzi follis, 12,5 antoniniani, 25 denari) 1/168 di libra d'argento (1,94 gr.);
  • aureo (= 25 argentei, 78,125 follis, 156,25 mezzi follis, 312,5 antoniniani, 625 denari) 1/84 di libra d'oro (3,89 gr.).

In Gallia e in Italia Costantino II e Costante diedero effetto immediato alle damnationes memoriae e cessarono di battere moneta per Dalmazio. Costante emise nummi con la scritta secvritas rei pvb sul verso, come se lo Stato fosse appena scampato a qualche pericolo (Dalmazio e Giulio Costanzo o l’esercito ribelle?). Costantino II inaugurò immediatamente i nummi di bronzo con il recto in onore di Elena e Teodora, e dopo il suo arrivo a Sirmio convinse i fratelli a fare altrettanto

 

 

 

 

 

LA RIFORMA DI COSTANTINO (312-330 d.C.)

Con Costantino viene nuovamente riformato il sistema monetario variando il contenuto dei metalli ed il rapporto di cambio tra loro; nascono il solido, il miliarense e la siliqua.

Le caratteristiche delle nuove monete presentano questi nuovi valori:

  • follis (moneta base) sino al 330 d.C. 1/96 di libra di bronzo (3,41 gr.); dal 335 d.C. 1/192 di libra di bronzo (1,70 gr.);
  • siliqua (= 1/24 di solido) 1/96 di libra d'argento (3,41 gr.);
  • miliarense (= 1/18 di solido) 1/71 di libra d'argento (4,54 gr.);
  • solido (= 18 miliarensi, 24 silique) 1/72 di libra d'oro (4,54 gr.).

 




 

In Germania era così apprezzata da indurre una modificazione delle antiche leggi tribali ovvero le ammende non si pagavano più in bestiame bensì nella moneta d'oro romana. Nell'ambito dell'Impero con l'unica moneta circolante, il follis di rame si poteva acquistare ben poco e quindi riapparve il baratto; quanto all'oro residuo era tesaurizzato dalle classi dominanti.

La rovina dell'economia stava per toccare il culmine, e l'inflazione rese più grave la già precaria situazione romana; la situazione monetaria nell'impero romano d'Occidente costituiva uno dei sintomi di una crisi generale, politica e morale.

 

Nel 395 l'Impero è diviso in due parti e per alcune decadi oguna di esse emette monete assolutamente identiche. Ma mentre la parte d'Occidente si estingue nel 476 la sua controparte d'Oriente sopravvive e rimane fiorente per parecchie centinaia di anni.*

Con la decadenza dell'Impero si ridusse il commercio e di conseguenza
il ruolo della moneta; inoltre le incursioni barbariche causarono forti perdite di metallo prezioso, con il degrado dell'economia monetaria.

Oramai era finita non solo l'unità monetaria ma erano un ricordo
anche la monetazione statale e un traffico interno di denaro regolare.

Con la fine del dominio romano in Svizzera, nel corso del V sec. cessò l'afflusso di monete romane. La circolazione monetaria fu garantita ancora per qualche tempo dalle coniazioni già presenti, ma in seguito l'economia monetale tardoromana sparì quasi del tutto, e tornarono di regola il baratto e i pagamenti in natura.

Nei regni barbari che seguirono l'Impero romano il sistema trimetallico fu abbandonato e le nuove coniazioni si limitarono alle sole monete auree, che a causa del loro elevato valore non erano però adatte all'uso quotidiano e probabilmente erano utilizzate prevalentemente per il pagamento dei tributi e per la tesaurizzazione.

Il credito ebbe una modesta funzione nell'economia romana, era una pratica considerata disonorevole, pareva temeraria quando non era usura vera e propria. Non si sviluppò mai nulla di paragonabile al moderno sistema bancario e alle attività di prestito di denaro.

Questo modo di pensare era radicato così tenacemente che, quando le guerre o altre necessità impellenti costringevano il governo imperiale a spendere più di quanto fosse in grado di recuperare attraverso il prelievo fiscale, esso non cercava di colmare il vuoto prendendo a prestito denaro dai cittadini e offrendo loro in garanzia il suo immenso patrimonio, ma ricorreva sempre a nuove imposte straordinarie e al deprezzamento della moneta, finchè tutte le risorse si esaurirono e l'insolvenza dell'impero diventò disastrosa senza che il governo, paradossalmente, avesse mai contratto alcun debito! **

Dal 410, dopo il saccheggio di Roma da parte dei Visigoti di Alarico

 

Tesoretti

In località denominata la Venera in provincia di Verona, nel dicembre del 1876, un piccolo proprietario di un campo, lavorando nel suo terreno, ruppe con un colpo di zappa un'anfora di terracotta da cui scaturì un mare di monete d'argento: migliaia e migliaia di pezzi, quasi un quaintale di metallo pregiato. In seguito continuò a fare ricerche nelle vicinanze e di nuovo un'altra anfora colma di monete romane venne alla luce.
Furono ritrovate ben 50.000 monete d'argento dell'epoca dei Valeriani che oggi si possono ammirare intatte al Museo Civico di Verona.


* R. G. Doty

** R.S. Lopez - La rivoluzione commerciale nel medioevo

Sulla moneta in alto, l'Imperatore Costantino I, ideatore del solido d'oro, è raffigurato in simbolico abbinamento con l'Imperatore greco Alessandro. Al pari di Alessandro, Costantino fu soprannominato il "Grande" per le sue imprese; similmente gli eredi di entrambi non si dimostrarono all'altezza dei rispettivi predecessori.

Alla morte del padre, nel 337, Costante I, raffigurato nella moneta in basso, lottò con i due fratelli maggiori per il controllo dell'Impero d'Oriente. Fu assassinato durante una rivolta militare nel 350.