Le monete celtiche


Presso i Celti esistevano già delle forme premonetali di metallo, generalmente rotonde o
quadrate con foro centrale, la cui funzione monetale è presunta ma non provata.
La vicinanza con le colonie greche, specialmente Massilia, permise di conoscere ai Celti
nel III secolo a.C. questo oggetto per il commercio, la moneta, la quale fu presto copiata.


I Celti, chiamati dai Greci "oi Keltoi" erano in origine numerose tribù indoeuropee nomadi che occuparono quasi tutta l'Europa centro occidentale; onoravano Beleno, dio solare e fonte di vita
ma non avevano una politica comune quindi non costituirono nè un popolo nè una nazione unita.

La loro esistenza è documentata fin dal V secolo a.C. e la loro origine è stata collocata in un
vasto territorio comprendente la Francia orientale, la Svizzera, e la Germania meridionale.

In origine il commercio tra componenti della stessa tribù ed anche con quelle vicine si
esercitava tramite il baratto e quindi non era necessaria la moneta. Esistevano però delle
forme premonetali di metallo, generalmente rotonde o quadrate con foro centrale, la cui
funzione monetale è presunta ma non provata. Allo svilupparsi del commercio con i popoli
confinanti si rese necessario dotarsi di un mezzo di scambio, il quale fosse riconosciuto
dai mercanti con i quali si intrattenevano rapporti. *

La vicinanza con le colonie greche, specialmente Massilia (Marsiglia), fece conoscere ai Celti
questo oggetto per il commercio, la moneta, nel III secolo a.C., la quale fu presto copiata
e imitata in buone quantità.

"I Celti, giunsero sino nel sud della Gallia verosimilmente per stabilirsi presso centri di reclutamento mercenari di Cartagine. Entrati a contatto diretto con il mondo ellenistico, sono reclutati da esso a decine di migliaia. Ingaggiati all'ovest come all'est, i mercenari celtici combatterono e versarono sangue su tutti i campi di battaglia del Mediterraneo. A parte saccheggi occasionali, la loro ricchezza proveniva soprattutto del loro ingaggio militare pagato in moneta. In questo modo nel corso del III secolo a.C. se ne diffuse l'uso presso i Celti transalpini e non è certo un caso se le monete più utilizzate per la paga dei mercenari siano servite da modello alle prime emissioni celtiche: lo statere d'oro macedone, il "Filippo", e le emissioni di Alessandro Magno. In questo contesto probabilmente arrivarono non solo monete ellenistiche ma anche cartaginesi, sino alla Moravia, in un insediamento esteso scoperto di recente in un punto strategico sull'antica via dell'ambra." **

La moneta è soltanto uno degli aspetti, particolarmente evidente, del ruolo fondamentale che
svolsero i nuovi contatti con il mondo mediterraneo nel profondo processo di trasformazione
del III secolo a.C., il quale toccò tanto l'economia quanto l'organizzazione della società.
Dal II secolo a.C. Roma sottomette i territori celtici della Gallia Cisalpina (sino alla sconfitta
dei Boi nel 191 e il loro ritorno forzato alle terre di origine fu ricco di conseguenze) e da quel momento le influenze mediterranee negli oppida celtici furono quasi esclusivamente romane:
è il caso della scrittura, oppure della moneta sia per l'allineamento ponderale del denaro sia per l'iconografia, infine nell'arte dove le versioni romane si sostituiscono ai modelli ellenistici. ***

Fu quindi adottata, imitando la tipologia delle monete d'argento di Filippo II di Macedonia del
peso di circa 11,5 grammi (tetradrammi) riportanti al recto una testa maschile volta a destra
o sinistra, con serto di alloro sul capo e due file di foglie e due perline, al verso un cavaliere
con o senza globetti sulla testa su cavallo galoppante.

La numismatica celtica è un campo in cui la datazione dei reperti è estremamente problematica.
Contrariamente a quanto avviene nel caso delle monete romane, in cui sia le iscrizioni che le
effigi rappresentate sono di grande utilità dal punto di vista cronologico, nel caso delle monete celtiche risulta difficile ottenere una datazione precisa di ciascun pezzo. Questa difficoltà è
dovuta, oltre che alla mancanza di reperti scritti, anche al fatto che le monete stesse forniscono usualmente poche informazioni utili per risalire alla data di conio.


Statere di mistura con patina bruno-ruggine, testa riccioluta e cavallo, battuta in Francia nella regione di Saint Brieuc - Moneta in rame di Senlis, testa con capelli raccolti in lunghe trecce e cavallo al galoppo. Le due monete a destra invece rappresentano due volti o due teste, astrattismo puro.

Per quanto ci e' dato di sapere esistono solamente due importanti riferimenti storici su cui basarsi ai fini cronologici e cioe' la sconfitta di Bituitus (121 a.C) che segno' il termine dell'egemonia della tribu' degli Arverni sulle altre tribu' galliche e la Guerra di Gallia condotta e vinta da Giulio Cesare dal 58 al 51 a.C. che culmino' nella sconfitta della coalizione delle tribu' celtiche ad Alesia e che segno' la fine dell'indipendenza delle popolazioni celtiche della Gallia. La prima data e' ritenuta empiricamente come il limite temporale piu' remoto a cui far risalire la consuetudine di battere moneta, mentre nel caso della battaglia di Alesia i ritrovamenti archeologici sono numerosi ed estremente interessanti.

Dal punto di vista delle rappresentazioni e delle iscrizioni sulle monete, la casistica varia molto,
e non mancano casi estremamente curiosi ed interessanti, specialmente dal punto astronomico.

Il cielo sulle monete celtiche

La rappresentazione di eventi astronomici sulle monete, salvo alcuni sporadici casi di monete
romane, e' abbastanza inusuale nel caso delle popolazioni antiche.

 

Teste mozze e cavalli surreali: pionieri di astrattismo

Dal punto di vista delle rappresentazioni e delle iscrizioni sulle monete, predominano teste di re
e magistrati sul dritto e cavalli e cavalieri sul verso, ma non mancano casi curiosi e interessanti.

Nessuno degli elementi recepiti e adottati dai Celti è restato tale quale era, ma adattato
e trasformato per poter essere integrato in un sistema di pensiero differente, in un
ambiente ben distinto da quello mediterraneo. ***

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Due rappresentazioni diverse di un cavallo: nella prima il corpo si scompone, come la testa e due delle zampe mentre nella seconda l'idea dell'animale è data da tondini e linee curve.

Ma quanto sono diventate diverse le celtiche! Se all'inizio imitano le greche, presto si rendono autonomi e danno vita ad una loro monetazione originale. Le teste non sono rappresentate per
un intento decorativo quanto per motivi ai confini tra il magico e il religioso: la testa mozzata
era una specie di simbolo del loro credo, tipo la croce per i cristiani. I Celti conservavano le
teste dei loro nemici il più a lungo possibile a testimonianza di eroismo quindi la ripetizione
ossessiva di teste mozze sulle monete celtiche assume quasi il valore di un voto augurale,
di propiziazione per l'uccisione di molti nemici! ****

Tetradramma d'argento di Alessandro Magno e la sua versione celtica, una moneta d'argento dei
Celti stabilitisi nell'attuale Croazia da Ribnjacka III secolo a.C. Aggiunte il giogo e la palmetta
del rovescio ed eliminazioni modificano completamente il significato iniziale delle immagini e
le inseriscono pienamente nel repertorio semantico dell'arte celtica.
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Anche il cavallo ha un valore religioso. I Celti vivevano in simbiosi col loro destriero, essenziale
per caccia, guerra e lavori nei campi e perciò i Celti nutrivano per i cavalli una vera adorazione
al punto di associarli alle divinità buone. Ma nell'iconografia anche i cavalli come le teste sono disarticolati, le varie membra sono disperse in modo del tutto libero al solo scopo di creare un elemento del tutto decorativo: spesso sul corpo del cavallo è innestata la testa di un altro
animale o di un uomo; frequenti anche i serpenti che si scambiano tra loro le parti del corpo.

Spesso la capigliatura appare talmente folta da sembrare quasi una selva in cui il volto scompare,
su altre la testa è rappresentata in modo realistico, su altre ancora si frantuma in punti, curve e
linee oltre in ovali e tondini sino a raggiungere un trionfo di astrattismo!

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A sinistra, un testa con capelli lunghi a formare una vera foresta di foglie e arabeschi.
A destra il cavallo a testa umana si disarticola in varie parti a intrecciarsi con dei serpenti
in un groviglio impressionante.

Per questo le monete dei Celti hanno un fascino tutto particolare, appaiono misteriose e
inquietanti con la loro tendenza al soprannaturale, all'anticonformismo e al pagano, alla
deformazione delle figure in un gioco fantastico e armonioso. Ma anche il loro astrattismo, quell'insistenza nelle decorazioni, nell'assoluta libertà di ispirazione, nella stilizzazione,
tali da apparire moderne. ****

 

Alcune monete riportano sotto il cavaliere, una delle seguenti legende:
ATTA, COPOT, NEMET, TINCO, T venetica oppure altre.

Più rare sono le monete auree, gli stateri, le frazioni di argento dei tetradrammi e quelle
divisionali di rame. Rari anche gli oboli d'argento, che di peso non erano proprio sempre
esattamente un sesto della dracma celtica.

Diffusione delle monete celtiche

Le monete celtiche si ritrovano in moltissime aree: in Italia spesso nella pianura padana, dove i
Celti arrivarono nel 150 a.C., in Gran Bretagna, in Irlanda, in Germania, in Spagna, in Ungheria
e soprattutto in Cecoslovacchia sino alla Romania e alle sponde del Mar Nero e dell'Anatolia.

Testimoniano così l'enorme sviluppo demografico e l'imponente flusso migratorio celtico.

Si hanno poche notizie sulla dislocazione delle zecche di sede fissa, nè tantomeno di quelle
itineranti. Numerosi ritrovamenti monetali a Zuglio e in altre località della Carnia (zona
alpina in provincia di Udine), c'era in loco qualche officina per il conio delle monete.*

A Garlasco dracme e oboli padani compaiono in alcune tombe della fine del periodo
(L. T. C2) che rappresentano quindi il primo aggancio cronologico sicuro per le emissioni
padane, da intendere certo solo come un terminus ante quem per l'inizio della monetazione.

Nell'odierno territorio svizzero, le prime monete comparvero durante il III secolo a.C.
Si trattava come sempre di imitazioni celtiche di monete d'oro macedoni (i cosiddetti stateri
di Filippo e i rispettivi divisionali). L'argento fu coniato a partire dal II sec. a.C. sulla base
dei modelli romani; in seguito vennero fuse monete in metalli non ferrosi, i cosiddetti potins.
È probabile che le prime monete di metallo prezioso fossero utilizzate principalmente per
la tesaurizzazione, come segno di distinzione sociale e in ambito religioso e funerario. Solo
a partire dal tardo II sec. a.C. è attestata una vera e propria circolazione monetaria con
diversi nominali e monete di piccolo taglio.

Oltre alle monete diffuse a livello sovraregionale, ne esistevano diverse a circolazione locale
(Svizzera occidentale, Altopiano orientale, Vallese). La produzione di monete è attestata dal ritrovamento di conii ad Avenches e Mont Vully e di stampi in argilla per la realizzazione dei
tondelli (le cosiddette Tüpfelplatten) a Üetliberg e Rheinau. Monete spicciole celtiche erano in circolazione ancora in epoca romana!


Cronologia e ripostigli monetari delle monete celtiche


Collari d'oro, spesso a coppie e talvolta associati a monete d'oro o d'argento, rappresentano
un tipo di rinvenimento verosimilmente a carattere votivo documentato almeno a partire dal
L. T. Medio (A. Furger-Gunti). Tra le offerte sono ora documentati oggetti miniaturistici,
monete e a volte anche statue lignee, come nel caso delle sorgenti della Senna.


Nel mondo celtico le monete in oro e argento erano regolarmente in uso, molto più rari erano le monete di altri metalli, rame o bronzo. Nelle terre cecoslovacche i Celti coniarono soprattutto
monete d'oro mentre quelle d'argento erano assai meno comuni. Nelle regioni dell'Ovest erano
in circolazione monete di entrambi i metalli ed il predominare dell'uno o dell'altro dipendeva
dalle risorse locali.

Le prime monete celtiche compaiono attorno alla metà del secondo secolo a.C. seconda metà divennero sempre più numerose. Da ultimo derivano da esemplari della Macedonia o della Grecia. Di questo tipo era lo statere di Alessandro III recante la testa di Pallade Atena con in capo un alto elmetto corinzio sul dritto, e sul rovescio una Nike la dea alata della vittoria reggente una corona d'alloro nella mano destra.

Queste monete in oro in origine recavano iscrizioni in greco, pesavano 8,4 grammi e avevano
un diametro di 18-20 mm. Oltre a questi stateri interi, si coniavano pure monete del valore di
un terzo, un ottavo e un ventiquattresimo dell'intero.

Esse ci sono famigliari per i ritrovamenti fatti in Boemia (tipo i tesori di Nechanice presso
Hradec Kralové e Stary Bridzov) e in molti altri luoghi della Moravia, specialmente nelle
vicinanze dell' oppidum di Staré Hradisko; ma sporadicamente compaiono pure in Austria e
in certe parti dell'Ungheria. *****

Le monete di questo tipo più tarde degenerano e si discostano sempre più dai modelli originali.

 

ARTICOLO DI NUMISMATICA CELTICA

GIANFRANCO PITTINI – PRESIDENTE CIRCOLO NUMISMATICO MILANO


ASPETTI METROLOGICI

Gli studi su questo tema sono davvero sporadici. In generale, si può dire che le monete di imitazione utilizzavano lo stesso metallo dei modelli e, inizialmente, erano grosso modo dello
stesso peso (in caso contrario, gli scambi e l’uso “misto” delle monete sarebbe stato impossibile).

Col passare del tempo, tuttavia, si assisteva ad una caduta nei pesi e spesso anche nel titolo di fino; anche questo processo però si rapportava in qualche modo alla monetazione dei vicini.

Nella Gallia Cisalpina, ad esempio, le dracme più antiche e più pesanti a noi note corrispondono circa alla metà del quadrigato (cioè 6,6 : 2 = 3.3 grammi). Seguono gli esemplari più diffusi
e più leggeri , che gradualmente perdono peso allineandosi alla dracma leggera (2,70 g) e al vittoriato (che pesava inizialmente circa 3 g). Tra i vari sottotipi, quelli con scritta leponzia (TOUTIOPOUOS) hanno peso più regolare e titolo migliore. Altri sottotipi hanno un titolo di Ag
assai meno stabile e in rapida riduzione. Man mano che il vittoriato scende di peso e si
equipara al quinario (2,20 - 2 grammi), le dracme cisalpine lo seguono (es. il tipo RIKOS).
Con l’89 a.C. e la concessione della cittadinanza latina, le coniazioni cisalpine cessano
rapidamente; forse non è un caso che sia prodotta da Roma fra il 97 e l’82 a.C. una gran
quantità di quinari, di contenuto in argento ormai molto simile alle ultime dracme.

Fra le imitazioni danubiane, le prime si adeguano al peso delle tetradracme di Filippo II (14 g
o poco meno), poi si assiste ad una serie pressoché continua di pesi in riduzione, fino a 7 g.
Altre tipologie, come quelle rinvenute presso Vienna (Simmering hoard) si attestano intorno ai
2,5 g, il che fa nuovamente pensare piuttosto al vittoriato, considerata la zona di produzione.

Per quanto riguarda le monete della Gallia in bronzo e soprattutto in potin, gli studi di Simone Scheers paiono indicare una totale anarchia dei pesi (occorre ricordare che il potin era fuso,
e spesso le alette non venivano staccate dalla moneta); la tipologia “rameau” presenta pesi
da 1,47 a 7,22 g., e in un altro tipo la dispersione dei pesi va da 2,71 a 6,43 grammi!


https://ilfattostorico.com/2012/06/26/trovate-50-000-monete-celtiche/

 

* Giancarlo Cerabino - Ex Presidente del Circolo Numismatico Patavino

** Enciclopedia Treccani

*** Venceslas Kruta - "I Celti e il Mediterraneo", 2004

**** "Monete del Mondo" - Fabbri Editore 1990

***** Jan Filip - "I Celti alle origini dell'Europa"